La vita è un flusso costante di esperienze: alcune sono meravigliose, molte altre ordinarie e alcune difficili da affrontare.
Quando ci ritroviamo a vivere quest’ultimo tipo di esperienze, che spesso ci lasciano con l’amaro in bocca, la nostra mente non vuole saperne di passare oltre. Rivisita e rivaluta tutti gli errori, analizza ogni più piccola sfumatura e riavvolge il nastro nella speranza che tutto possa tornare come prima.
E, così facendo, ci condanna a una vita di rimpianti e rimorsi.
Che si tratti di una relazione finita, di un lavoro perso, di un’amicizia tradita… ciò che non ha funzionato per noi sembra tormentarci e infestare i nostri pensieri.
Per questo una delle abilità più preziose che possiamo sviluppare è quella di imparare a lasciare andare.
Perché lasciare andare è importante
Uno dei concetti fondamentali del buddismo è l’impermanenza, nota anche come “anitya”.
Questo principio sottolinea che tutto ciò che esiste, sia materiale che immateriale, è soggetto al cambiamento costante.
Niente è permanente o immutabile, e questa realizzazione è fondamentale per comprendere la natura della sofferenza umana.
L’impermanenza ci invita a osservare attentamente la natura transitoria delle nostre esperienze, delle relazioni e perfino dei nostri stessi stati mentali.
Questa consapevolezza dell’impermanenza ci aiuta a coltivare una maggiore accettazione della realtà e arrivare a una sorta di “liberazione interiore”, poiché ci insegna a non affezionarci eccessivamente a ciò che è destinato a cambiare.
Molte volte nella vita ci aggrappiamo a rancori, risentimenti e dolori del passato.
«Perché dovrei perdonare?» ci diciamo. «Dopotutto, quella persona mi ha fatto del male. Non merita il perdono».
Oppure: «Non posso lasciare andare. Quello che ho perso è troppo importante».
In questo ragionamento dimentichiamo però un punto fondamentale: il perdono, il lasciare andare, non serve affatto agli altri. Serve a noi stessi. Per alleggerirci e smettere di vivere in un passato che non può essere cambiato.
Questi pesi emotivi hanno un impatto negativo non indifferente sulla nostra salute mentale e fisica. Alla lunga, ci portano a diventare persone che non sono più in grado di godersi il presente o lasciarsi andare alle nuove esperienze.
Lasciar andare non significa dimenticare o giustificare le azioni degli altri, ma piuttosto liberarci dalla prigione di emozioni negative nella quale ci siamo rinchiusi.
Il passato resta come una lezione preziosa o un ricordo piacevole, ma non deve mai diventare il nostro presente.
Immagina di camminare in montagna con un pesante zaino colmo di sassi sulle spalle: sai che devi raggiungere la vetta, ma questi sassi ti rallentano. Non sarebbe più facile liberartene e facilitare il tuo cammino? Sembrerebbe la soluzione più logica. Eppure, ciò che la maggior parte di noi decide di fare è portarsi dietro questo fardello per una lunga, interminabile salita. Ci torturiamo pur di non accettare che il passato è passato.
Il perdono, sia per gli altri che per noi stessi, è una forma suprema di lasciar andare. La meditazione ci offre gli strumenti per abbracciare questo processo di perdono e guarigione.
Lasciar andare con la meditazione: la gentilezza amorevole
Mettā bhāvanā, o meditazione della gentilezza amorevole, è da sempre la mia pratica meditativa preferita per imparare a lasciare andare.
Affonda le sue radici nella tradizione buddista e mira a coltivare il sentimento di amorevole gentilezza (mettā) verso tutti gli esseri senzienti.
Questa pratica è stata insegnata dal Buddha stesso come un modo per superare le barriere dell’odio, del risentimento e del giudizio, promuovendo invece la compassione e la comprensione universali.
Come si pratica Mettā bhāvanā
La pratica di Mettā bhāvanā è suddivisa in diverse fasi, ognuna delle quali si concentra su un gruppo di individui, progressivamente allargando il cerchio della gentilezza amorevole.
- PRIMA FASE: TE STESSO. Inizia sedendoti in modo confortevole e concentrandoti sulla tua respirazione. Poi, rivolgi un sentimento di gentilezza amorevole a te stesso, ripetendo mentalmente frasi come: «Che io sia felice. Che io sia in salute. Che io sia libero dalla sofferenza». Questo passo serve a coltivare l’amore e la compassione per te stesso. Se non sei una persona che nutre particolare amor proprio, potrebbe aiutarti a ricordare momenti in cui ti sei sentito sinceramente amato nella tua vita. Puoi persino usare la fantasia per immaginare questi momenti, anche se non sono avvenuti nella realtà. L’importante è risvegliare il sentimento.
- SECONDA FASE: UN CARO AMICO. Successivamente, rivolgi la gentilezza amorevole a un amico molto vicino a te o a un famigliare, ripetendo le stesse frasi («Che tu sia felice. Che tu sia in salute. Che tu sia libero dalla sofferenza»).
- TERZA FASE: UNA PERSONA NEUTRALE. Estendi ora la tua gentilezza a una persona che non conosci bene, qualcuno che non ti è né amico né nemico. Potrebbe essere il cassiere del supermercato, un conoscente, un collega di lavoro.
- QUARTA FASE: UNA PERSONA CHE NON AMI. Questa è la fase più difficile e che davvero ci aiuta a rinforzare il muscolo del perdono. In questa fase, sfida te stesso a rivolgere la gentilezza a una persona che non ti piace, che potresti considerare un nemico o con cui hai avuto dei conflitti. Potrebbe addirittura essere la persona che non riesci a lasciar andare o perdonare. Questo passo è particolarmente potente, poiché ti aiuta a superare l’odio e il risentimento. Per quanto ti sembri difficile, ripeti le frasi anche per lui o lei. «Che tu sia felice. Che tu sia in pace. Che tu sia in salute».
- QUINTA FASE: TUTTI GLI ESSERI VIVENTI. Infine, estendi la gentilezza amorevole a tutti gli esseri senzienti, senza eccezioni. Visualizza un’espansione infinita del tuo amore e della tua compassione che abbracciano l’intero universo.
Questo processo è una pratica profonda e trasformativa.
Man mano che pratichi questa meditazione (e ti consiglio di farlo ogni giorno se sei una persona che fatica a lasciar andare), sentirai un cambiamento potente dentro di te, un allentamento delle tensioni emotive e una crescente sensazione di connessione con gli altri.
Altri consigli di meditazione per lasciare andare e perdonare
Oltre a Mettā bhāvanā, ci sono altre tecniche di meditazione che possono aiutarti a lasciare andare e perdonare.
La meditazione della consapevolezza (mindfulness), in cui osservi i tuoi pensieri e le tue emozioni senza giudizio, può darti una prospettiva più chiara su ciò che stai trattenendo.
Anche la meditazione camminata, praticata lentamente e consapevolmente, può aiutarti a connetterti con il mondo intorno a te e a sciogliere il peso delle preoccupazioni.
Conclusione
Lasciare andare è un atto di liberazione che può portare pace e felicità nella nostra vita.
Attraverso la pratica regolare della meditazione e l’introspezione, possiamo imparare ad accogliere il presente con un cuore aperto, sapendo che il passato non ci definisce.
Lasciare andare non è affatto un segno di debolezza, ma di infinita saggezza. È uno dei più grandi regali che possiamo fare a noi stessi.
Autore
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Kira ha dedicato la sua vita alla ricerca della serenità. Pratica la meditazione da più di trentacinque anni e trasmettere questa meravigliosa pratica al prossimo è il suo scopo, la sua passione e il suo orgoglio. Nel 2016 ha fondato il sito web meditazionezen.it con lo scopo di rendere la meditazione accessibile e comprensibile a tutti.
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